Figli testimoni delle continue liti tra genitori: si configura il maltrattamento per violenza passiva

Figli testimoni delle continue liti tra genitori: si configura il maltrattamento per violenza passiva
29 Giugno 2018: Figli testimoni delle continue liti tra genitori: si configura il maltrattamento per violenza passiva 29 Giugno 2018

In più occasioni la Corte di Cassazione ha rilevato come quello di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) sia un reato contro la famiglia,  precisamente contro l’assistenza familiare, e come il suo oggetto giuridico sia costituito dai congiunti interessi dello Stato alla tutela della famiglia da comportamenti vessatori  e violenti e delle persone facenti parte della famiglia alla difesa della propria incolumità fisica e psichica.

In ossequio alla ratio ed al bene giuridico protetto, il raggio di copertura dell’incriminazione non può, pertanto, non estendersi  sino a comprendere tutti i soggetti che facciano parte della sfera familiare e che possano subire un pregiudizio alla propria integrità psico-fisica a cagione dei comportamenti aggressivi maturati in detto contesto.

Con sentenza n. 18833/18 la Corte di Cassazione, sez. VI Penale stabilisce che “ quanto agli elementi costituiti (oggettivo e soggettivo) del reato di cui all’art. 572 cod. pen., non è revocabile in dubbio che il delitto di maltrattamenti possa essere configurato anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano (solo) indirettamente quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri fra i genitori che si svolgano all’interno delle mura domestiche, cioè allorquando essi siano vittime di c.d. violenza assistita. La condotta di chi costringa il minore, suo malgrado, a presenziare - quale mero testimone - alle manifestazioni di violenza, fisica o morale, è certamente suscettibile di realizzare un’offesa al bene tutelato dalla norma (la famiglia), potendo comportare gravi ripercussioni negative nei processi di crescita morale e sociale della prole interessata. D’altronde, costituisce approdo ormai consolidato della scienza psicologica che anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, siano in grado di percepire quanto avvenga nell’ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità. Ritiene, nondimeno, il Collegio che il delitto di maltrattamenti scaturente da una condotta riportabile alla c.d. violenza assistita, proprio perché fondato su di una relazione non diretta, ma indiretta fra il comportamento dell’agente e la vittima - essendo l’azione rivolta a colpire non il minore, ma altri ovvero, come nella specie, connotandosi per la reciprocità delle offese fra i genitori - postula una prova rigorosa che l’agire - in ipotesi - illecito, per un verso, sia connotato dalla c.d. abitualità; per altro verso, sia idoneo ad offendere il bene giuridico protetto dall’incriminazione, id est abbia cagionato secondo un rapporto di causa-effetto - uno stato di sofferenza di natura psicofisica nei minori spettatori passivi”.

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